mercoledì 2 ottobre 2013

Sangu meu #3

(… segue da parte #2)

Posso confidarti con tutta sincerità, e puoi anche non credermi ma le cose sono andate effettivamente così, che il nostro lui era rimasto per tutto il tempo dov’era, senza muoversi, senza batter ciglio, nemmeno una parola, gli occhi sbarrati e vuoti, forse attraversati ogni tanto da qualche lacrima insignificante che mostrava, ancora, per fortuna, una flebile conferma della sua esistenza interiore su questo pianeta, e veramente, non ci si poteva aspettare minimamente una reazione come questa, proprio da un tipo come lui poi, sempre stato fermo nelle sue convinzioni di essere amato alla follia dalla compagna di una vita, sempre recintato nel giardino sempre verde delle sue idee lungimiranti assieme a lei, che gli permettevano di programmare sempre qualsiasi cosa e di reagire alle eventualità più stralunate della vita con una prontezza e lucidità impeccabili, da guinness dei primati per dirtela tutta; e quindi ci si aspettava, da lui, un ribollire cieco e spietato che si sarebbe tradotto in un soffocante assalto nei confronti di lei, in termini di richieste esasperate di delucidazioni causa-effetto su ciò che appena si era materializzato davanti ai suoi occhi, una sorta di impeto incazzoso e logico-razionale su quanto era appena accaduto (e che chissà da quanto accadeva); ma in questo caso, inspiegabilmente, il nostro lui non proferì alito di parola. Neppure si sa con certezza se stesse architettando qualcosa nella sua testa da manager affermato, sempre carismatico, intuitivo, subdolo manipolatore e conoscitore dei suoi polli quando le necessità glielo imponevano (e cioè quasi tutti i giorni, visto il contesto-imprenditoriale-giungla in cui lavorava da anni). Insomma, un vero e proprio shock mentale per entrambi, ma soprattutto per lei che, ancora blindata nel suo armadio in cerca di indumenti al buio, ebbe un inaudito shock nello shock, dato che si aspettava una reazione a catena del compagno da una vita fatta di discorsi votati alla finta morale più altezzosa; alla sua dignità di uomo calpestata perfidamente da una raffica dei più affilati tacchi a spillo in circolazione; insomma: discorsi filosofici senza senso, venati da una manciata di luoghi comuni per il popolino affamato che sempre tornano utili in situazioni del genere: o per intenerire gli animi o per far nascere sensi di colpa davvero fuori luogo, o, ancora, per far prevalere certe categorie di attivazione piuttosto che altre, nulla di più. Ma a chi poteva essere attribuita, dopotutto, la colpa del misfatto? All’amante che se l’è svignata sgattaiolando? Macché! Che diamine centra in tutta sta storia quell’imbusto bello, sprovveduto e stagionalmente abbronzato? Certo, non sarà stato un campione di correttezza nei confronti nel nostro lui ma, in realtà, diciamocela tutta, non si conoscevano nemmeno i due – e poi stava solo soddisfacendo quelli che, in gergo, vengono solitamente chiamati “appetiti sessuali opportunistici”, e che dopo un po’, se non sei bravo ad arginarli per quello che realmente sono, rischiano di mutare la loro stessa natura travolgendoti senza ritorno, poiché, si dà il caso, sembra che si verifichi quello che viene riconosciuto dai più come sviluppo necessario dell’”affettività coccolosa”, dell’abitudine più ostinata, del voler stare insieme per tutto il tempo che è materialmente possibile, senza freni, con quella persona che, molto probabilmente, “ti aiuta” a soddisfarli alla grande (quegli appetiti sessuali opportunistici).[3] E quindi, in ultimo, mi domando: l’accusa andrebbe rivolta alla nostra lei che, ormai già da tempo, organizzava compiacente riunioni clandestine con l’amante per estraniarsi dalla noia della routine, o al nostro lui, che preso dagli impegni lavorativi così inderogabili e massacranti e transoceanici trascurava bellamente, ma forse davvero senza accorgersene, le esigenze passionali della compagna di una vita? Senz’ombra di dubbio, da quando la nostra lei se la spassava con nonchalance con l’amante di sempre, aveva cominciato a serpeggiare un problema di comunicazione interna (ovvero interno alla nostra coppia), e lei, nonostante i primi segnali di questo scricchiolamento comunicativo, di certo non avrebbe abbandonato la sua comoda situazione da celebre donna mantenuta, di quelle classiche che si dedicano con sistematico zelo tanto al decoro domestico quanto allo shopping terapeutico[4] – a suon di passate di carte di credito d’orate e sempre belle cariche e a disposizione per ogni evenienza capricciosa. Ma c’è anche da dire che la faccenda con l’amante stava andando avanti già da un pezzo, e il fatto che lei, in un certo senso, se la facesse solo con lui (almeno questo è quello che riporta il racconto ufficiale, non possiamo sapere altrimenti), ci può far pensare che davvero ci tenesse un sacco all’amante di sempre, e che, diciamo così, aveva fatto scivolare un tantino di più le cose invece di arginarle semplicemente nelle pieghe del puro piacere. (continua parte #4...)


[3] In realtà, il nostro amante non ci stava capendo proprio nulla dei propri sentimenti (sempre se voleva provare a sentire qualcosa di minimamente avvicinabile ad un sentimento); infatti, da un lato il suo atteggiamento remissivo, che probabilmente lo portava a pensare di non essere più un semplice amante, ci porta sulla strada che, tra i due, si stesse innescando un qualcosa che, a lungo andare, avrebbe sicuramente, un giorno, vinto il silenzio e lo stato di clandestinità in cui versavano; d’altro canto, la vigliaccheria dimostrata nel suo comportamento volatilizzabile da farfalla (quando per l’appunto è avvenuto il malaugurato fattaccio) ci fa pensare, invece, che non vedeva l’ora – in quel momento – di tagliare letteralmente la corda, senza voler dimostrare, neppure lontanamente, un granello di orgoglio possessivo nei confronti di lei. Dunque, dopo queste delucidazioni abbastanza ingarbugliate, non sappiamo proprio cosa pensare in merito alla presunta presenza di eventuali sentimenti del nostro amante, nati, molto probabilmente, nell’alveolo dei sui “appetiti sessuali opportunistici” consumati.
[4] Dopo che la nostra lei aveva auto-individuato mentalmente tra sé e sé una diagnosi prettamente simbolica che la catalogava tra i soggetti affetti dal cosiddetto stress-per-mancanza-affettiva-post-traumatico. Come è noto, un’altra terapia in soccorso molto comune a questo tipo di stress è la consumazione di cioccolato in quantità industriali (in qualsiasi formato) – nella fattispecie, uno dei più famosi e rinomati e indiscussi psichiatri al mondo è la Nutella, come dichiarato dallo stesso Signor Ferrero (presumibilmente il nipote di quel Signor Ferrero inventore di Nutella) in un’intervista rilasciata, rigorosamente in inglese, ad un reporter britannico.

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