domenica 13 ottobre 2013

Non tutte le stelle sono pulsanti (Fine)

(… segue da parte #3)

Studiò la busta, la annusò e non sapeva minimamente il perché; poi, con molta delicatezza, estrasse un foglio che pareva crittografato e che recitava così:

“...un'ansia, una giovanile ansia eccitata e in fondo dolorosa,
una dolorosa insostenibile tensione d'impazienza.”

Italo Calvino


Caro Italo,
Ho immaginato questo momento nascosto da sempre, pieno di un fragore intento a spingere cocciuto e a spuntare alla fin fine trionfale, indomito: un silenzio traboccante di emozioni durato fin troppo tempo, e che arrivato ad un certo punto non ne poteva più di resistermi. Devo dirti, che si è trattato di un tempo di lunghissime attese, alimentato da estenuanti blocchi mentali perseveranti che, pur non costringendosi rassegnati in gabbie di amori falliti, galoppavano in fuga per ogni dove, facendo pulsare sempre te, con loro, ovunque cercassero di andare... È stato un tempo che ha trasportato con sé il pesante rammarico per la nostra rottura prematura, le pause inspiegabili d’indifferenza che creavano una voragine risucchiante di non-risposte e, con esse, una mistura inebriante concepita appositamente per i disillusi d’amore... Un tempo che, nonostante il brulicare di vita trascorsa, ha riempito ogni volta le crepe sfilacciate del contatto che è venuto meno tra di noi, per mezzo di uno spazio ciclico e a me sempre familiare. Quello spazio, quell’occasione persistente, consisteva nelle consuete e immancabili vacanze estive che mi conducevano da te, senza che tu lo sapessi, senza che tu potessi in qualche modo riconoscermi ancora, dopo quella prima volta in cui quell’incontro così naturale ci immortalò per sempre insieme, con quel mio viso che ora è certamente cambiato, ma che ha ritrovato nei miei occhi consapevoli lo stupore sorprendente che ebbe la prima volta nell’osservarti. Non riesco a decifrare esattamente la portata di quello che la mia mano ora fremente scrive, probabilmente anche tu starai leggendo disorientato, spiazzato, incredulo, senza una presunta connessione logica; ma dovevo pur tentare un modo per raggiungerti nuovamente, perché fin troppe volte le mie non-decisioni si sono tramutate in decisioni altre, dove tutto si vanificava e basta, come un noncurante e rassegnato buco nell’acqua che si dipana concentrico e inesorabile in quel solo fisso punto d’impaziente inutile attesa... Ho viaggiato tanto, ho vissuto e conosciuto innumerevoli sensazioni: la mia vita si è sviluppata su percorsi erranti e affascinanti, sempre vividi, spesso increduli negli inciampi di sofferenze costantemente all’uscio delle mie porte... Eh sì, le sofferenze... Come quelle che mi investirono quando ebbi notizia del tuo sventurato incidente, sferzata malefica al mio cuore lontano e impotente, che nulla poteva nell’asfissiante lontananza, se non credere incessantemente in un minuto barlume di ricordo rimasto in te, e aggrappato tenace alle pareti innamorate delle tua cognizione per me. Vorrei tanto che quella tua perduta memoria di me riaffiorasse, languida brezza che mi ristora e che mi riporta finalmente a riabbracciarti felice. Vorrei tanto accarezzarti le mani, stringerti nuovamente a me, raccontarti a cuore aperto di come, a seguito della nostra parentesi insieme, la mia vita si sia avviluppata in storie senza senso... Mi piacerebbe ricordare con te il presente, quello che anche ora si sta materializzando sotto i nostri occhi; quello che nonostante tutto ritorna sempre sincero e più necessario di prima, in un ansante battibecco amoroso che assomiglia tanto al pulsare di due stelle che si distinguono nel nostro pezzo di cielo che è lì e ci è sempre spettato, e che ancora spero ci spetterà, accovacciati e stesi su quelle spiagge che si stendono lontane tessendo i fili della nostra storia che ricomincia, sì, ricomincia proprio da qui... perché non tutte le stelle riuscirai a vedere pulsare, e solo quelle che lo faranno per te custodiranno un intimo, luminoso ed intermittente segreto che ti cambierà per sempre la vita, perché così arditamente saranno riuscite a conquistarti toccando il pulsante giusto che, senza spiegazioni, ti renderà semplicemente quello che sei... Ricordi quella prima volta che ci conoscemmo per sbaglio, quando aspettando Alfredo giù per il cortile schiamazzasti urlando senza ricevere risposta, e allora ti precipitasti nel premere il pulsante del campanello errato che avrebbe interpellato anche me, in quella serata a dir poco indimenticabile, colma di risate e scandita dai battiti di un amore che appena cominciava... Vorrei che quell’errore-quanto-mai-azzeccato-di-pulsante ricapitasse ora, in questi giorni, inconsapevole come quella prima volta, perché come ogni anno sempre sarò qui, e sempre nei paraggi della tua memoria tramortita mi presenterò, affinché questa si desti finalmente risollevata dopo un tumulto di vuoto e di nulla e sia accolta così, con la stessa naturalezza di chi serve una carezza al chiarore di luna.

Viola, tua sempre


Una lacrima scese giù e bagnò un ricordo che forse cercava, con tutti gli sforzi del caso, di riemergere dagli abissi di un mare in burrasca. Il vento si infittì, e le ripetute raffiche sferzanti che ne derivarono accompagnavano rimbombanti quelle parole che ancora vorticavano nella sua mente in subbuglio. Si alzò; cercò di riordinare le idee. Sospinto da bagliori precari di lucidità, si convinse della falsa arbitrarietà della sua vita, di quanto non tutto potesse dipendere solo dalla pura convinzione soggettiva impregnata nelle cose. Doveva allora considerare anche le occasioni che non mostravano alcun apparente collegamento col sé, che erano trasportate dal vento, o abbandonate giù dalla pioggia o magari semplicemente scritte, in maniera inequivocabile, su un immane spazio bianco di una lettera. Come quasi colto da un guizzo di memoria, gli balenarono in mente alcune parole che, anni addietro, aveva dedicato ad una ragazza tanto amata, ma che ora rimaneva solo appannaggio di remote reminiscenze ancora un po’ annebbiate. Così, di faccia al mare, quasi intorpidito, si rivolse agli scogli in dirupo:
– “...il mare, con quel suo movimento semantico che è solo il mare, ti viene incontro e ti seduce, si alza maestoso e si scaraventa a capofitto sulle rocce increspate, debellando d’improvviso nel suo baluginare il noioso ritmo che esclude il pensiero. E quindi Lui ti sussurra segretamente all’orecchio, con la sua schiumosa e effervescente presenza ti riconduce alla naturalezza, quel sano sentore pacifico che riassetta tutti i tuoi sensi per ricondurli al vicino primordiale.”
Casa di Alfredo, dopotutto, non era poi così distante; giusto a pochi minuti da lì... (Fine)

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