giovedì 10 ottobre 2013

Un po' di sociologia urbana pesa

La città come nuova questione sociale

I mutamenti storici che stiamo vivendo, attraverso la loro carica innovativa, tendono a manifestarsi più che altrove – e con una modalità al contempo più incisiva ed esplicita – all’interno dei centri urbani che abitiamo o attraversiamo a vario titolo. La portata di tale affermazione, nell’ottica di una società complessa, consiste nel riconoscere le città come dei nuovi punti di “condensazione”, in cui vanno a confluire i flussi e le dinamiche che si manifestano a livello planetario. Proprio per questo motivo, tali punti andranno a configurarsi sempre più come i nodi della cosiddetta “rete globale” (Magatti, 2007). In merito a ciò, occorre sottolineare come i processi di globalizzazione non riguardino solamente le trasformazioni che stanno investendo i rapporti tra economia e politica, né tantomeno possano identificarsi principalmente, e nello specifico, come dei fenomeni innovativi dal punto di vista economico o culturale (Sebastiani, 2007). Quello che si sta manifestando ulteriormente, e che vede come protagoniste indiscusse le città, prevede una ri-organizzazione spaziale della vita sociale (Magatti, 2007), che si esplica nella tensione incessante della dialettica tra globale e locale. Ecco che allora la globalizzazione, oltre ad estendere le tipologie e la quantità di relazioni possibili, modifica altresì il modo in cui esse vengono vissute e agite all’interno dei contesti urbani. Per realizzare ciò viene operato un doppio processo (Magatti, 2007): da un lato una despazializzazione, che mette in crisi i precedenti assetti riguardanti gli spazi sociali – con riferimento particolare agli stati nazionali; dall’altro una rispazializzazione, riguardante la creazione di nuove geografie, che permette una ridefinizione strutturale dell’organizzazione della vita sociale nelle città. Per questo motivo «le città contemporanee sono il palcoscenico o il campo di battaglia su cui i poteri globali e significati e identità ostinatamente locali, si scontrano, lottano e cercano un accordo soddisfacente, o appena sopportabile, una modalità di coabitazione che si spera sia una pace duratura ma che di norma si rileva soltanto un armistizio» (Bauman, 2007: 92-93). Queste tensioni, dunque, prevedono un incontro-scontro tra le logiche macrosistemiche e la vita concreta dei singoli e dei gruppi. La logica dei flussi – con tutto ciò che essa comporta, in termini di mobilità generata da interessi, spostamenti delle popolazioni e tecnologie – viene ricontestualizzata e ricondotta alle esperienze e alle relazioni della logica dei luoghi, i frames principali della memoria e delle sedentarietà. Quest’ultimi, infatti, detengono una certa importanza per la vita sociale di ciascun individuo, in quanto i processi identitari sono strutturati dalle specifiche rappresentazioni simboliche di un territorio, che la comunità riceve ed insieme costruisce (Callari Galli, 2009). Da tale dialettica, però, consegue una riorganizzazione spaziale del mondo sociale che si presenta dai tratti inediti: la città non aspira più ad essere il “luogo del vissuto”, in cui viene sedimentata l’esperienza comune ma, al contrario, diviene il “luogo del vivente” in cui il luogo stesso assume un valore prettamente strumentale, prefigurandosi, dunque, come un sistema di disparate opportunità per l’azione e la realizzazione individuale (Magatti, 2007). Pertanto, i diversi luoghi che compongono la città assumono significati diversificati e, acquisendo funzioni sempre più specializzate, esprimono un codice tecnico specifico che consente loro di collegarsi con altri luoghi simili sparsi in tutto il mondo. Tutto ciò comporta uno scollamento del tessuto sociale che, invece di tenere insieme queste diverse funzioni, riduce drasticamente il valore integrativo del luogo (Magatti, 2007), permettendo al contempo il dileguarsi di una socialità che si rende sempre meno diffusa e spontanea. In definitiva, la differenziazione marcata di funzioni, all’interno della città, prevede la convivenza forzata di mondi diversi e disuguali che, non avendo alcun interesse ad incrociarsi, rischiano di rilevarsi una pericolosa alchimia sociale (Magatti, 2007). La città in questo modo diventa «un agglomerato di funzioni e di popolazioni diverse, che rischiano di non sapere più esattamente da che cosa sono tenute insieme» (Magatti, 2007: 27). A fronte di queste trasformazioni, e delle esigenze di mediazione tra tensioni globali e locali, la città diviene – nel suo complesso – una nuova questione sociale, poiché «è l’oggetto forse più utile mediante il quale leggere la trasformazione contemporanea» (Magatti, 2007: 19).

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