sabato 14 settembre 2013

Per C__

Quando la vedo si ferma ogni cosa. È come se tutto dovesse prendere forma attorno a lei. Sbalorditivo. Più immagino di calarmi in quegli attimi e più li percepisco davanti a me, e più sento di non volerne più uscire. Stregato. Mi sento come se fossi stato stregato. Il resto delle contingenze si rinvigoriscono, attimo dopo attimo, come una sequenza ad alta velocità di piante che col sole sbocciano sovrane. E l’ammiro, sì, come se non esistesse nulla a parte lei sulla faccia del pianeta. Lei. Una donna schizoide, umanamente e sinceramente postmoderna. Una tipa che parla per ossimori, così maledettamente sorprendenti che hanno la prontezza di destabilizzare i tuoi più tenaci riflessi di incredulità e di scetticismo per quanto sono spiazzanti. “Sospensione provvisoria dell’incredulità”, la chiamano. Carezza, abbraccio, bacio. Svelato l’arcano è pronta delicatamente a condurti in un mondo dove l’effetto sorpresa è di casa, ed è in grado di intrigare, accattivare, sedurre. Un tergicristallo. Mi occorre immediatamente un tergicristallo: il parabrezza delle mie sensibilità è inondato da una cascata emozionale. Ecco, fermo... Ora intravedo. Scorgo le sue Converse modello nero appese ad un chiodo. Oh quelle Converse: le immagino saltellanti, trafficanti, combattive, cariche di impeti compulsivi che sgomitano faconde facendosi strada tra i prati della comunità partecipata, convincendo tutti e tutte delle loro idee. Uau. È questo che mi piace di lei: la sua inconfondibile audacia. In pubblico è un mare in tempesta, ma un mare di quelli buoni, perché sorprendentemente e dopo la burrasca portano solo beni. In privato invece... Sì, quel privato: quello che riesce a creare l’intimità che non ti aspetti... Beh, lì è tutt’altra cosa. Un timido virtuosismo abbassa le sue barriere, lentamente, di modo che io possa apprezzare meticolosamente i suoi lati nascosti, esattamente quelli che poco prima, per suo volere, non ero riuscito minimamente a cogliere. Sì, fa proprio così. È come un pavone multicolore, giallo e a pallini blu, e lentamente, in base alle mie diverse percezioni, discopre a ventaglio gli strati caleidoscopici della sua bellezza peculiare. E quando lo fa non c’è secondo che tenga, no, assolutamente, perché queste briciole di tempo vanno ad immettersi nell’eternità tramite un suo dipinto fuori di testa, che è calamitante, e che sulla tela affresca la nostra duellante raffigurazione insieme, complice. Desidero tanto vederla dipingere, un giorno. Sguardo attendo, che viviseziona la tela prima del suo cataclisma impattante con essa, e poi va. Ondulazioni sferiche incorniciano i suoi pensieri, e colora; con pennellate delicate segue circolarmente le istruzioni non illustrate di un flusso interiore. Joyce. James Joyce. Il flusso di coscienza andò ad inventarsi quel fuori di testa irlandese. Fece esplodere sulla carta ciò che la sua mente dettava in continuazione, senza freni, senza apparenti connessioni logiche; solo associazioni dispersive che si incrociavano casualmente, per poi separarsi perdutamente ancora, e ancora, senza alcuna pausa reale, oggettiva. La nascita di un mondo dunque, quello squisitamente soggettivo. Ed è esattamente ciò che lei intrappola con eleganza, creando così dei suoi mondi associativi... Come mi piacerebbe sedermi su una sdraio a dondolo, accovacciarmi contemplante e scoprire ondeggiando... Indietro e avanti, avanti e ancora indietro... Proprio così, muovendomi in maniera talmente impercettibile da ammirare meticolosamente la sua opera meravigliosamente malsana, autentica. Colore dopo colore, pennellata su pennellata, tela su tela... Starei delle ore a studiare i suoi movimenti, le sue agili architetture stilistiche che si dispiegano con naturalezza espressiva... Starei delle ore così, ad osservarla.

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