sabato 14 settembre 2013

Conosco i miei polli

“La realtà non ci influenza per quello che effettivamente è ma per quello che noi riteniamo essa sia. Per questo motivo non è altro che una costruzione puramente soggettiva che poi ci obbliga a fare i conti con il modo in cui l’abbiamo costruita e ce la siamo imposta. Quindi in ultimo (la realtà che pensiamo sia oggettivamente immacolata e quindi uguale per tutti) costituisce sempre l’esito di un processo di attivazione mediante il quale l’individuo assegna senso e significato agli eventi che lo circondano e dà loro un ordine costruendo specifiche mappe cognitive.
Detto questo, esistono molti attori birbantelli in questa giungla chiamata vita che possono avere un interesse spasmodico a far prevalere determinate categorie di attivazione, e quindi possono agire in modo da influenzare consapevolmente la costruzione delle mappe cognitive altrui. La realtà che si impone è sempre e comunque arbitraria, ma da una sua particolare costruzione questi cattivoni di attori possono trarre vantaggi che altrimenti non otterrebbero.
Quando l’intrusione da parte di un soggetto A nelle mappe cognitive di un soggetto B è intenzionale, deliberata e consapevole, e dà luogo a comportamenti di B attesi da A, siamo in presenza di una manifestazione di potere definito come “potere d’influenza”. Questo tipo di potere è tutt’altro che infrequente: se dobbiamo affrontare un colloquio di lavoro ci predisponiamo a “far bella figura”; se stiamo per uscire con una bella donna desideriamo “far colpo”: tutti piccoli esempi dei quotidiani tentativi di manipolazione con cui cerchiamo di influenzare il prossimo a nostro vantaggio. Voi potrete spiegare in lungo e in largo a una tipica massaia che, stando alle analisi di laboratorio, i detersivi sono tutti uguali: lei vi dirà che può anche essere vero ma che, per la sua personale esperienza, si sente di affermare che quella marca che usa da tempo lava proprio più bianco. Non a caso la pubblicità è definita “potere occulto”, in quanto è maestra nel manipolare le mappe cognitive e i processi di creazione di senso per dimostrare spesso l’indimostrabile, ossia il primato di una marca sull’altro.
Se è relativamente facile “entrare” nelle mappe cognitive altrui e interrompere momentaneamente l’ordine e il senso consolidato – creando per esempio sorpresa, scandalo quando i nostri comportamenti più banali o causali infrangono sistemi fortemente stabilizzati di aspettative non sapendo, però, in che modo subito dopo verrà ristabilito un “ordine cognitivo” di causa/effetto in chi si è “scandalizzato” – assai più complicato è pilotare proprio questo processo di creazione di un nuovo ordine nella direzione voluta. Dunque l’espressione “Conosco i miei polli” è l’espressione gergale che meglio rappresenta la situazione, e quando un qualsiasi dirigente, per esempio, assume impegni in nome e per conto dei suoi uomini presume di “conoscere i suoi polli”, ossia di sapere come reagiranno e di essere in grado di indirizzarne il comportamento. La manipolazione cognitiva, dunque, consiste proprio in questo: è un vero e proprio bluff. Quest’ultimo rappresenta la quintessenza del comportamento strategico perché l’interazione non avviene su risorse certe e note ma solo su risorse presunte, e la vittoria arride a chi ha la capacità di manipolare nella direzione voluta i comportamenti degli altri imponendo come reale un rapporto di forza del tutto fittizio."

(Le riflessioni di questo post sono state attinte, a piene mani, da “Il fenomeno organizzativo, Carocci 2005”; cit. quasi completa con solo qualche umile ritocco personale qua e là).

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