Distratto come ero dalle ripercussioni informative, tentavo a
stento di concentrarmi assiduamente su immagini precoci, punitive, quasi
selvagge, che descrivevano con ansia scenari soliti di una realtà che sfugge
perché ormai liquida. Distrarsi o concentrarsi non fa alcuna differenza. Queste
due modalità comportamentali di approccio alla realtà sembrano dispiegarsi su
di un continuum lineare, anonimo, privo di due poli contrapposti. Per lo più
sembrano identificarsi come immagini reciproche che si scambiano visioni
parentali che sembrano aver perso ogni identità e ragione. La distrazione da un
lato sogna, si incanta, descrive senza affanno, si culla su pause all’apparenza
vuote, fissa un punto, lo smarrisce e lo ritrova senza un perché dietro un
angolo più nitido di prima. La concentrazione, invece, prende per mano la
distrazione e la subentra, con alture innevate e solide, pronte a sciogliersi
al cospetto di un timido raggio solare ormai spento. Nel tentativo di
focalizzarsi severamente su concetti per lo più impegnati, si logora in quello
stesso processo che la conduce ad una presunta concretizzazione di un pensiero
compiuto e mica tanto poi credibile. Non c’è nulla da fare: il confine tra le
due è piuttosto labile, quasi invisibile, una commistione di incastri
invisibili e perfettamente lubrificati che si ramificano in biforcazioni
duplicanti, confondendosi in una complessità brusca e alle volte assordante, ma
solo per i più pignoli. Una realtà liquida, per l’appunto, che si dipana letteralmente
senza controllo, che permette, solo a tratti, la presenza di concentrazioni
perfettamente ideali e di distrazioni inevitabilmente disinteressate. La
compresenza di entrambe le categorie, d’altronde, permette un equilibrio
fisiologico di un atteggiamento dalla parvenza normale che elude le univoche
direzioni, spesso patologiche, di una cecità cinica che oltraggia gli stessi
limiti della propria visibilità interna. Condensando il tutto in un’ampolla di
vetro si potrebbe osservare lo scenario in maniera disinteressata, dando fiato a
giudizi superflui e scontati su un aspetto facilmente riconoscibile e del tutto
normale: la presenza di un bilanciamento lineare e circolare di concentrazione
e distrazione che, susseguendosi in continui rimandi vicendevoli, danno atto al
dispiegamento della comune esistenza. Fin qui tutto normale: comuni esistenze
che prendono vigore da situazione altalenanti. Il problema di fondo è che le
due categorie sopra viste assumono dei caratteri e dei toni diversi, legati a
stati d’animo variegati o a contesti inevitabilmente divergenti che permettono,
alle volte, una fenomenologia dell’umano difficile da afferrare e da
comprendere. Questo comporta difficili analisi diagnostiche su qualsiasi
comportamento, che potrà apparire presente e dunque scontato in un intento
precisato e voluto, ma anche presente-assente, perché cavalca dinamiche
divergenti e innovative rispetto ad una intenzionalità di tipo preordinato.
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