sabato 21 settembre 2013

No Sense

Distratto come ero dalle ripercussioni informative, tentavo a stento di concentrarmi assiduamente su immagini precoci, punitive, quasi selvagge, che descrivevano con ansia scenari soliti di una realtà che sfugge perché ormai liquida. Distrarsi o concentrarsi non fa alcuna differenza. Queste due modalità comportamentali di approccio alla realtà sembrano dispiegarsi su di un continuum lineare, anonimo, privo di due poli contrapposti. Per lo più sembrano identificarsi come immagini reciproche che si scambiano visioni parentali che sembrano aver perso ogni identità e ragione. La distrazione da un lato sogna, si incanta, descrive senza affanno, si culla su pause all’apparenza vuote, fissa un punto, lo smarrisce e lo ritrova senza un perché dietro un angolo più nitido di prima. La concentrazione, invece, prende per mano la distrazione e la subentra, con alture innevate e solide, pronte a sciogliersi al cospetto di un timido raggio solare ormai spento. Nel tentativo di focalizzarsi severamente su concetti per lo più impegnati, si logora in quello stesso processo che la conduce ad una presunta concretizzazione di un pensiero compiuto e mica tanto poi credibile. Non c’è nulla da fare: il confine tra le due è piuttosto labile, quasi invisibile, una commistione di incastri invisibili e perfettamente lubrificati che si ramificano in biforcazioni duplicanti, confondendosi in una complessità brusca e alle volte assordante, ma solo per i più pignoli. Una realtà liquida, per l’appunto, che si dipana letteralmente senza controllo, che permette, solo a tratti, la presenza di concentrazioni perfettamente ideali e di distrazioni inevitabilmente disinteressate. La compresenza di entrambe le categorie, d’altronde, permette un equilibrio fisiologico di un atteggiamento dalla parvenza normale che elude le univoche direzioni, spesso patologiche, di una cecità cinica che oltraggia gli stessi limiti della propria visibilità interna. Condensando il tutto in un’ampolla di vetro si potrebbe osservare lo scenario in maniera disinteressata, dando fiato a giudizi superflui e scontati su un aspetto facilmente riconoscibile e del tutto normale: la presenza di un bilanciamento lineare e circolare di concentrazione e distrazione che, susseguendosi in continui rimandi vicendevoli, danno atto al dispiegamento della comune esistenza. Fin qui tutto normale: comuni esistenze che prendono vigore da situazione altalenanti. Il problema di fondo è che le due categorie sopra viste assumono dei caratteri e dei toni diversi, legati a stati d’animo variegati o a contesti inevitabilmente divergenti che permettono, alle volte, una fenomenologia dell’umano difficile da afferrare e da comprendere. Questo comporta difficili analisi diagnostiche su qualsiasi comportamento, che potrà apparire presente e dunque scontato in un intento precisato e voluto, ma anche presente-assente, perché cavalca dinamiche divergenti e innovative rispetto ad una intenzionalità di tipo preordinato.

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