domenica 15 dicembre 2013

Dipinto d'attesa

Ti cerco in stazione, e il formicaio di gente annebbia il mio campo visivo

Sagome inferocite impazzano in tutte le direzioni come se non ci fosse un domani, ma con un loro preciso perché

Spaesato, inchiodo sul binario di attesa e divarico la mia propensione verso di te, in uno stato di speranza perpetua, un sogno che già non è più sogno ma è ancora sogno consapevole

La frenesia del visibile si fa sempre più impattante e la mia intelligenza deglutisce, diminuendo

Accorrono alla mente le nozioni di psicologia delle folle, in cui si spiega accuratamente l’inspiegabile smarrimento dell’intelligenza, una sorta di sopravvivenza infantile che segue automaticamente una corrente invisibile, un miasma non troppo confortante

L’interferenza della pubblicità mi assale, e il suo rumore è associato a distruzione, disordine, sporcizia e inquinamento: nulla di più lontano da quello che sto cercando in questo momento

Le luminescenze giallastre e scorrevoli si irradiano da schermi altolocati che dettano il ritmo degli arrivi e delle partenze, e nulla ti è mai sembrato così distante, espansivo in senso lontanamente prospettico

Questa distanza la percepisco ansimando, e più carico i polmoni di agitazione e più nitidamente si intrufola dentro di me la distanza che ancora ci separa

Ancora fermo ricevo calci a rotelle di valigie, spinte fortuite di sgomitate che sventolano un biglietto in mano per una partenza imminente verso un luogo sconosciuto, ai più

Il fascino illimitato dell’attimo si dilata, e quell’attimo diventa una somma di attimi arrestati e bistrattati, da tutta quella confusione che mi gravita attorno e mi scuote di un turbamento fastidioso e concitato

E poi senza mediazioni finalmente una luce, il tuo sorriso che mi intravede, fende il riconoscibile e si fa largo, tra braccia rotelle pellicciotti leopardati cani al guinzaglio borse a tracolla pacchi su pacchi cellulari attaccati alle orecchie volti liquidi: tutto si dilegua nel rigurgito di destinazioni proteiformi

La tua andatura segue un ritmo etereo e, improvvisamente, in un dolce batter ciglio, detiene la premura di disperdere il caos che fino al momento immediatamente prima mi avevo reso bloccato

E allora mi sblocco, scateno i miei arti dalle catene dell’invisibile circostanza dispotica e m’incammino nel raggiungerti, in un passo più sicuro del sole che albeggia

Le nostre traiettorie si congiungono in una sola linea, in quella linea che si trasformerà in un abbraccio

E allora il tuo contatto giustifica quell’attimo prolungato d’attesa, l’unico tra infinitesimi di contatti evanescenti e trascurabili e senza sosta, l’unico che si materializza e non scompare

Ti bacio, e quel bacio è l’eternità che si scrive da sé suoi nostri diari di bordo, un'eternità che deborda d’inchiostro sbavato; i confini non ci appartengono

Il suono della tua voce mi porta a casa, e l’inforchettata delle nostre dita intrecciate accompagna il ricongiungimento alla fine solo nostro, l’unico che ha il potere prolungato di scandire le melodie armoniche che suggelleranno il nostro nuovo percorso che verrà, assieme

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