mercoledì 13 novembre 2013

La condizione postmoderna

Rapporto sul sapere

Semplificando al massimo, possiamo considerare “postmoderna” l’incredulità nei confronti delle metanarrazioni. Si tratta indubbiamente di un effetto del progresso scientifico; il quale tuttavia presuppone a sua volta l’incredulità. Al disuso del dispositivo metanarrativo di legittimazione corrisponde in particolare la crisi della filosofia metafisica, e quella dell’istituzione universitaria che da essa dipende. La funzione narrativa perde i suoi funtori, i grandi eroi, i grandi pericoli, i grandi peripli ed i grandi fini. Essa si disperde in una nebulosa di elementi linguistici narrativi, ma anche denotativi, prescrittivi, descrittivi, ecc., ognuno dei quali veicola delle valenze pragmatiche sui generis. Ognuno di noi vive al crocevia di molti di tali elementi. Noi non formiamo delle combinazioni linguistiche necessariamente stabili, né le loro proprietà sono necessariamente comunicabili. Pertanto la società che ne deriva dipende meno da una antropologia newtoniana (come lo strutturalismo e la teoria dei sistemi) e più da una pragmatica delle particelle linguistiche. Esistono molti gioghi linguistici differenti, che costituiscono l’eterogeneità degli elementi, ed i giochi possono generare istituzioni solo attraverso un reticolo di piastrine, che costituiscono il determinismo locale. Tuttavia il sistema decisionale si sforza di gestire queste nebulose di socialità attraverso matrici di input/output, secondo una logica che implica la commensurabilità degli elementi e la determinabilità del tutto. La nostra vita è così votata all’accrescimento della potenza. La sua legittimazione in materia di giustizia sociale e di verità scientifica consisterebbe nella ottimizzazione delle prestazioni del sistema, nell’efficacia. L’applicazione di questo criterio a tutti i nostri giochi non è disgiunta da certi effetti terroristici, velati o espliciti: siate operativi, cioè commensurabili, o sparite. Questa logica della miglior prestazione è indubbiamente inconsistente da molti punti di vista, in particolare da quello della contraddizione in campo socioeconomico: esso esige ad un tempo meno lavoro (per abbassare i costi di produzione) e più lavoro (per alleggerire il peso sociale della popolazione inattiva). Ma l’incredulità è ormai tale che, contrariamente a Marx, nessuno si aspetta oggi che tale inconsistenza possa costituire una via di scampo. La condizione postmoderna è tuttavia estranea al disincanto, così come alla cieca positività della delegittimazione. Dove può risiedere la legittimità, dopo la fine delle metanarrazioni? Il criterio di operatività è tecnologico, non è pertinente per giudicare del vero e del giusto. Forse nel consenso ottenuto attraverso la discussione come ritiene Habermas? È una soluzione che violenta l’eterogeneità dei giochi linguistici. E l’invenzione si produce sempre attraverso il dissenso. Il sapere postmoderno non è esclusivamente uno strumento del potere. Raffina la nostra sensibilità per le differenze e rafforza la nostra capacità di tollerare l'incommensurabile. La sua stessa ragione d'essere non risiede nell'omologia degli esperti, ma nella parologia degli inventori (“parologia” qui intesa come "mosse" grammaticali del gioco linguistico).

Tratto da La condizione postmoderna, Jean-Francois Lyotard, Feltrinelli, 1981.

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