lunedì 13 ottobre 2014

Espatrio

Voce del verbo espatriare: ovunque ci sia spazio metti-i-libri (è passato un solo giorno, e il fighissimo utile Kindle è stato restituito al rivenditore), vicino alle salviette portatili, utili alle lacrime tra amici-abbracci-e-baci, e alle manine sventolanti che sposano gli ultimi bagliori di sguardi che si intrufolano in quei tonificanti labirinti di idee - c'è sempre di mezzo Borges -, che ti fanno prendere le due velocità del viaggio - una vicina, l'altra lontana: ogni cosa viene mangiata da un'altra cosa, e il più grande di tutti, il cielo, si porta via i miei ulivi, che spariscono, via via, a soffiate verdi, ma in questo vortice risucchiante non dimenticare: il tuo paese è il più bello di tutti, sempre, non denigrarlo mai quando sei fuori, fallo dentro se proprio devi, perché fuori fa freddo e hai sempre bisogno del vestito giusto, del tono perspicace, perché solo l'apparenza, il segreto e la scena salveranno il mondo, invece la troppa trasparenza per la troppa specializzazione porterà solo alla paralisi dell'osceno, all'istantaneità esasperata che arresta tutto quanto, e poi? Quanto mi costa? Il prezzo tacito della diversità è troppo basso per il suo valore effettivo, quindi direi che mi va ottimamente.

Sul vetro di viaggio un dito ha scritto frettolosamente "TI AMO", si legge controluce, probabilmente si riferirà a quell'incantevole paesaggio scorrevole che si intromette, infestato dal sole, tra onde collinari e mare in dirupo. Ciao.

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