Quando
versi dell’acqua in un bicchiere accade che nel frastuono del liquido capovolto
nascano isolate goccioline d’aria, goccioline nate dal nulla. Nella caduta, si
ritrovano imprigionate in una cella invisibile, densa, senza pareti, e seguono
smarrite un moto tutto loro, come se fossero state stordite e avvolte da
morbidi mantelli. Poi, senza preavviso, una melodia di guanti in festa entra in
azione e le sorregge, comincia a coccolarle, come se fossero tutte raggruppate
su di un’amaca che sculetta spensierata, noncurante delle prime luci disvelanti
del tramonto. In quel moto inaspettato di luci e molecole, in quel risucchio
voraginoso di pochi e fermi istanti, prendono poi forma, una forma di
convinzione, un coraggio tutto loro, e ritornano così pian piano in
superficie, come se fossero sospese verso una direzione ben precisa, la
direzione di un’altra luce attraente. Ed è allora, in quello scatto fotografico
quasi perfetto, in quella sequenza quasi rallentata appositamente per loro che sprigionano
delle proprietà guizzanti, muovendosi senza regole ondeggiando, sì ondeggiando,
finalmente sicure di sé, serene di quello che stanno per compiere, come se
fossero telecomandate verso un cielo meritato di libertà. In questo modo,
raggiungono quella che riconoscono come una loro fonte, una distesa oceanica d’aria
che le sovrasta e che le attende per risucchiarle infine nel mondo appagante.
Allo
stesso modo noi siamo stati immersi e ora stiamo risalendo, pian piano. Non sappiamo
di preciso qual è la nostra direzione, non sappiamo dove stiamo andando, ma il
suo richiamo lo sentiamo vicino, e prima di questo momento tutto ciò non ci è mai sembrato così familiare. Come tante voci che ci sussurrano all’orecchio a
migliaia di chilometri di distanza: sappiamo in fondo chi ci sta chiamando, chi
sono quelle voci, anche se a malapena riusciamo a scorgerne i volti. Nel nostro
intimo però sappiamo di essere interconnessi, gli uni agli altri, in quell’oceano
d’aria che ci attende e che pazienta, sempre, per noi, per noi tutti. Come
nella scrittura, in quel processo laborioso e di scatto, di continui aggiustamenti
e rifiniture, di guizzi pindarici e di logiche misteriose, che continueranno ad
assecondare sempre, nella loro essenza, i dettami ancestrali di menti a
malapena connesse e in affanno di parole, ma che vogliono ugualmente comunicarsi
di essere ancora vicine, perché questo è il segreto, semplicemente: l’essere
sempre vicini, nonostante le discrasie, nonostante le incomprensioni sopraggiunte,
malgrado gli scarti che ci distanziano e ci occluderanno nel frastuono. Verrà un giorno in
cui ci raggrupperemo tutti assieme, alla stessa maniera di quelle goccioline, e
sarà allora che conquisteremo con convinzione la nostra traiettoria con gli
altri, nella fusione dei corpi, delle menti, in quella distesa emozionale piena
d’aria che è fatta di libertà, di cui il mondo è il primo e indiscusso sovrano.
Nessun commento:
Posta un commento