venerdì 4 ottobre 2013

Sangu meu #4

(… segue da parte #3)

E quindi in quell’immagine immortalata le cose stavano essenzialmente così: lei in preda allo shock inaudito e trincerata in un armadio rimbombante dei suoi movimenti al buio cerca-vestito, e lui fermo, fisso, nell’eternità immutabile del momento. Ad un tratto però il frastuono di questa stramba situazione mutò, letteralmente, per incalzare nei classici momenti immediatamente successivi, quei timidi attimi di ripresa che fanno presagire una specie di dopo, per quanto bistrattato e malconcio e all’apparenza accessoriato di un caduco futuro senza speranza. Il mutamento, dicevo, fu nitidamente riconoscibile quando lui si sfilò la sempre-presente stilo dal taschino di quella sua consueta giacca firmata per affari e, con fare distratto, recuperò uno dei tanti post-it che armavano la sua scrivania, testimone della rottura (la scrivania), ormai per sempre bandita (sempre la scrivania) dal loro regno amoroso. E dunque quasi chirurgicamente, e senza un minimo di risentimento incazzoso, attraversò quel mini-foglio giallo d’inchiostro tagliente, scrivendo semplicemente e a chiari caratteri “Passo domani a prendere quel poco che mi resta: se sei o meno in casa non mi tange”. Dopo aver riposto la stilo nel taschino-che-sempre-gli-spetta attaccò distrattamente il post-it svolazzante sullo specchio ovale del comò, dove era solito osservarsi ogni mattina per rivisitare e risistemare visibilmente la simmetria impeccabile di quella schiera di cravatte multi-colore, che cambiava, pedissequamente, in base all’ordine del giorno dettato dalla sua agenda digitale. Fatto ciò, il nostro lui, così come era arrivato in-casa così se ne andò di-casa, silenziosamente, senza lasciare traccia, con l’unica differenza di un suono di chiavi dietro la porta che durò due mandate in più rispetto all’apertura iniziale[5] della porta d’ingresso, dato che, evidentemente, per lui, aveva un peso specifico chiudere doppiamente dietro di sé la compagna di una vita, che era, per il momento, ancora imprigionata goffamente e inspiegabilmente in quel suo armadio rigonfio di indumenti senza uno stralcio di spiegazione (quindi la nostra lei era chiusa ermeticamente e simbolicamente in triplo modo – nel suo armadio, in casa sua a due mandate, e in qualche regione nascosta e tramortita della mente di lui, che ora, davvero, aveva buttato la chiave e non ne voleva più sapere niente di lei; incredibile). E quando la nostra lei ne uscì, mezza nuda e raccapezzata alla meglio di stracci firmati, non sapeva più davvero cosa pensare e come reagire al gran casino che era successo, e subito dopo corse verso il telefono tentando un disperato incontro almeno vocale con il compagno da una vita, ma nulla: allentando simbolicamente il nodo della cravatta lui aveva chiuso, interrotto e staccato letteralmente tutto: lo smartphone, la sua vita d’affari che ne conseguiva assieme ai mille pensieri che girovagavano senza una direzione nella sua mente irriconoscibile che, dopo il fattaccio e stremata da uno stress immane e complessivo del tipo “lavoro-giungla-e-compagna-di-una-vita-beccata-a-letto-con-l’amante-di-sempre”, andava disperdendosi tra le stradine del centro storico solo in cerca di un dormiente ristoro, per favore, in qualche clemente B&B che lo avrebbe accolto, perché no, anche alle prime luci del mattino. Il fattaccio era accaduto nel giro di 20 minuti scarsi. Erano ancora le 7.11 di una tiepida mattina di metà settembre. La località di mare si risvegliava da poco dal trambusto/brulichio delle vacanze-infuocate, periodo in cui, solitamente, veniva presa d’assalto da turisti provenienti da ogni dove. Solo in quel momento (quindi nel post-vacanze) la cittadina, forte della brezza marina proveniente dell’est, dava un po’ di respiro alle sue coste, lambite, per di più, da un lento mare verde cristallino e da un sole che, per dirtela tutta, sulle spiagge sgombre di settembre si sta proprio da Dio. (continua parte #5...)


[5] Apertura iniziale in cui, meglio specificarlo, non c’era stato alcun bisogno di dare alcuna mandata inversa di apertura – sembrava, per inciso, che la nostra lei avesse accolto spensieratamente il suo amante di sempre e avesse fatto scivolare la porta dietro di sé per semplicemente chiuderla, senza chiusure ulteriori di sicurezza: un evidente segno di assoluta tranquillità mentale su un’impossibile sorpresa da parte di lui, che avrebbe sicuramente avvisato lei – tramite smartphone ultratecnologico in viva voce sull’auto aziendale – prima di un suo ipotetico rincasare.

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